L’ultima volta che l’ho visto è stato alla stazione di Cassino. L’ho salutato alla velocità della luce. Mi sembrava che lui volesse fermarsi a chiacchierare, ma sono schizzata via per paura di perdere il treno.
E’ stata roba di pochi secondi. Pochissimi. Forse un secondo. Anzi, forse il treno è partito con un pizzico di anticipo secondo me. E io non ho fatto in tempo a salire. L’idea di dover aspettare quasi un’ora il treno successivo, vanificando il mio risveglio ben prima del sole, mi ha messo leggermente di cattivo umore. Ma proprio leggermente. Ma un filino proprio. Quel tanto che mi ha fatto tornare alla macchina furibonda, senza nessuna voglia di chiacchierare, e con il pensiero a come sfruttare il tempo che avevo davanti in attesa del prossimo treno.
No, proprio non avevo voglia di chiacchierare e così, quando sono uscita dalla stazione e l’ho ritrovato lì fuori, gli ho fatto un altro saluto un po’ veloce e sono andata via. Lui era lì, calmo, sorridente. Calmo, soprattutto. Una cosa che quasi quasi mi dava fastidio. Lui lì, pacioso, e io con un diavolo per capello per un treno perso e una stanchezza infinita già a prima mattina.
Non sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei rivisto Claudio Maddalena. Con quello stupido “senno di poi”, quel saggio odioso che arriva sempre in ritardo e, insieme a noi, perde i treni importanti della vita, penso che mi sarei dovuta fermare a salutarlo.
Non ho una vita semplice e sfruttare anche il minimo secondo è un’esigenza vitale. Quella mattina, a parte lo scivolone dell’aver perso il treno, è stata un capolavoro di efficienza e in quella prima ora, così vicina all’alba, in attesa del prossimo treno, ho fatto tantissime cose.
Sono partita per Roma soddisfatta e contenta. Stanca morta, ma soddisfatta. Eppure, oggi, penso che a quella mattina sia mancata una cosa importante. Che avrei dovuto fermarmi un po’ più a lungo a salutarti Claudio. Che forse la nostra chiacchierata non avrebbe avuto davvero nulla di interessante. Avremmo parlato del più e del meno, forse di banalità, perché, tutto sommato, non ci conoscevamo granché. Avremmo potuto parlare della fatica di alzarsi presto, della rabbia di perdere un treno, di come va il giornale, dei corsi di aggiornamento dell’Ordine dei Giornalisti. Eh già, proprio tu mi chiamavi ogni volta per essere sicuro che partecipassi. Che ti preoccupavi che mi venissero riconosciuti i crediti del Master che avevo fatto. Ci credevi quasi più di me. E’ importante, mi dicevi, e a volte mi chiedevo da dove ti venisse tanta sollecitudine e tanta attenzione verso di me. Eri garbato, affettuoso, simpatico, con quel sorrisetto sempre accennato, nello sguardo prima che sulle labbra. No, non ci conoscevamo moltissimo. Eppure mi sa che ci volevamo bene. Quel bene forse un po’ generico, senza tanti dettagli, senza chissà quali condivisioni di vita e di quotidianità, quel bene che, però, ha un’autenticità tutta sua, una sua sincerità, che si nutre di stima reciproca e del seguirsi anche a distanza.
Se quella mattina mi fossi fermata, avremmo parlato delle tante cose da fare, del nostro essere sempre di corsa, del tempo che passa velocemente, troppo velocemente. Insomma, avremmo parlato di cose banali, perché forse non avevamo molto di più da dirci. Banali almeno fino a quando quel tempo che corre non si ferma all’improvviso. Fino a quando non gela tutto e blocca l’istante.
E così devo dirti “arrivederci” Claudio. Io continuerò a riempire fino all’orlo i minuti della mia vita, a cercare di recuperare anche gli istanti, a fare mille cose e a perdere treni, imparando a mie spese e con fatica che non si può far tutto. Mi piace immaginare che, da lassù, continuerai a guardarmi come quella mattina alla stazione: affettuoso e anche un po’ sornione, quasi a dirmi “ma dove corri?”. E calmo, così calmo da farmi quasi innervosire, così calmo che, se ci penso un altro po’, mi viene invece da sorridere, insieme a te, di questo continuo correre dietro a mille cose.
Te ne sei andato troppo presto, la vita è breve, lo vedi che avevo ragione a sfruttare anche i singoli secondi e i singoli istanti della giornata? Te ne sei andato troppo presto, la vita è breve, lo vedi che avevi ragione e forse dovevamo sederci a prendere un caffè? Ciao Claudio. Arrivederci.